C’era una volta . . . in un tempo non molto lontano . . . un
hobby, un gioco, uno sport, un
passatempo chiamato PESCA. Si era tutti felici
lungo un molo, una scogliera o una spiaggia, anche se il “proprio” spazio era
quasi inesistente. Si condividevano spazi e opinioni, si rideva e scherzava con
persone del tutto sconosciute. In quel preciso istante erano come i tuoi più
cari amici. Tirare su pesci non era lo scopo principale, quanto il passare una
piacevole giornata in riva al mare. Se si intuiva che qualcuno aveva in canna
la preda magica, chiunque non ci pensava due volte a riposare la propria
attrezzatura per andare a dare una mano. Era un esplosione di gioia da parte di
tutti quando l’ impresa riusciva e il fortunato pescatore fra orgoglio ed emozione
esibiva la sua cattura. Era un mondo semplice, fatto di una canna un filo e
qualche esca magari reperita in loco. Non si doveva ostentare nulla, non si
cercava la figura del Guru di turno a cui rubare segreti, e nessuno si
autocelebrava come il detentore di segreti assoluti. Chi aveva più esperienza
non si sentiva un Dio in terra, al
contrario istruiva le nuove generazioni di ragazzini che si affacciavano a
questo mondo. Non esistevano “spot
magici” ma zone di pesca e non c’erano problemi a comunicare a qualsiasi
pescatore il posto di una data cattura. Non esistevano distinzioni fra
tecniche, c'erano solo persone che pescavano.
Oggi NO. Oggi qualcosa
è cambiata. Oggi il business si è appropriato di questa arte meravigliosa e più
passa il tempo e più la trasforma in un incubo, creando fazioni, falsi miti,
invidie e teorie assurde.
Oggi si devono vendere canne, mulinelli, artificiali, fili, accessori. Si deve
spingere l’uomo a consumare per aumentare gli introiti aziendali . . . . . non
conta più lo spirito della pesca in sé o il rispetto del mare, ma solo i soldi
che le migliaia di pescatori possiedono e sono disposti a spendere. Si comincia
a creare nella coscienza del pescatore una brutta e inutile competizione, che
non porta e non porterà nulla di buono ne’ per l uomo tanto meno per il mare.
Da tempo ormai si assiste ad un quotidiano bombardamento di
notizie corredate da immagini e video. Chi dovrebbe educare gli animi non fa altro che esaltare le prodezze di qualche ingenuo per qualche misera cattura.
Ed è cosi che si è creato un mostro, il nuovo pescatore sportivo.
Oggi si và a pescare per “catturare”. . . . . più grossa e
la cattura e più ci sente virili. Si pesca per esibizione . . . . senza
migliaia di euro di attrezzature (per pescare magari scorfani da 7 cm) non sei
nessuno. Si pesca per orgoglio . . per
avere la propria paginetta sulla rivista di turno, sui social più in voga. Si
pesca per vanto . . . non conta quanto tu abbia pescato in vita tua , ma quanto
ne sai sulle nuove attrezzature. Oggi tutti fanno i professori, dispensano consigli a chiunque gli capiti
davanti, elargendo i propri saperi accumulati da anni ed anni di letture sul
web, con zero esperienza sul campo. Oggi si nascondono i luoghi di pesca e ci
si allontana dal prossimo se si incontra nei “propri” spot. Oggi si professa il C&R, magari avendo già
le buste piene o solo perché l’interlocutore ha catturato e tu no. Si pesca
solo dove si è sentito che stanno catturando, se no meglio stare a casa a
riempire il web di verità. Se il compagno o il vicino cattura, si lancia sopra la
sua lenza per avere la propria preda in canna. Infine siamo arrivati al punto di fare distinzioni fra le varie tecniche attribuendo ad alcune la serie A e denigrando le altre.
Oggi l’invidia e la sete di fama sono il vero motore che muove questo passatempo.
RobinHook
RobinHook